Perché studiare Konnakkol

Perché studiare Konnakkol

“In generale la musica Carnatica [della India del Sud] è caratterizzata da una precisione molto più grande rispetto alla musica del Nord [della India], ed è basata su un sistema organizzato in modo molto rigoroso.”
(Pt. Ravi Shankar)

“Trovo che il metodo didattico della musica Indiana Carnatica sia utile nell’ottimizzare qualunque tipo di abilità musicale, e ogni volta gli strumenti appresi possono venir applicati dagli studenti nella didattica, nella performance e nella composizione.” 
(Vid. Trichy Sankaran)

“Questo sistema [il konnakkol, ndr] ti aiuterà a sviluppare le tue idee musicale in tutte le situazioni musicali. (…) Per la mia esperienza, questo sistema è il più semplice e il più chiaro per il controllo del ritmo. (…) Scoprirai la bellezza del Ritmo e sarai in grado di improvvisare in ogni tuo groove.” 
(John McLaughlin)

“Nella sfera del ritmo, che è la gestione di quantità temporali allo stato puro, nessuna musica si è sviluppata di più della percussione in India.” 
(Iannis Xenakis)

 

Utilità e benefici del Konnakkol – video

 

Utilità per musicisti

  • non richiede nessuno strumento esterno a noi per lo studio e l’esecuzione;
  • aiuta con semplicità ad affrontare polimetrie, poliritmie, “gruppi irregolari”;
  • apre nuove prospettive alla nostra estetica del ritmo e della forma musicale;
  • propone un approccio al ritmo che è analitico (scientifico) e cinestesico al contempo;
  • sviluppa concentrazione, indipendenza, precisione, articolazione, dizione e timbrica;
  • facilita interiorizzazione, memorizzazione e gestione di frasi ritmiche;
  • può essere applicato a qualunque strumento e genere musicale (esecuzione, composizione, analisi, improvvisazione);
  • permette di acquisire coscienza delle nostre “zone d’ombra” di consapevolezza ritmica e di lavorare su di esse in modo costruttivo e divertente;
  • cambia in modo radicale il nostro approccio allo strumento musicale.

Esistono davvero tantissimi vantaggi che avremo, come musicisti, praticando Konnakkol… Più ci dedichiamo a questa arte e più vediamo quanto essa ci possa dare – che il nostro sistema occidentale, per il suo diverso sviluppo storico-culturale, non può darci con altrettanta trasparenza.

 

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Benefici extra-musicali

I benefici e le applicazioni di questa arte millenaria sono molteplici e vanno ben al di là dell’aspetto puramente musicale. In India il Konnakkol è impiegato anche per finalità meditative e terapeutiche.
Requisito essenziale per godere di questi benefici è la correttezza della pronuncia: con la recitazione precisa si avranno risultati positivi sul corpo, la mente e lo spirito.
Anche senza imbastire questioni metafisiche, vediamo che la recitazione richiede una profonda concentrazione e consapevolezza della nostra identità prima: il corpo e la voce.
La consapevolezza di sé che la pratica del Konnakkol può portare è un tesoro a disposizione di chiunque sia disposto a dedicarvisi.

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Musicisti occidentali e Konnakkol

I concetti e le strutture musicali che caratterizzano il Konnakkol e le applicazioni di questi ai Rāga (i “modi” melodici indiani) hanno affascinato e influenzato molti musicisti occidentali, specialmente a partire dalla seconda metà del Novecento: Olivier Messiaen, Yehudi Menuhin, La Monte Young, John Coltrane, Don Ellis, John McLaughlin – per non citarne che alcuni.

Anche diversi batteristi e percussionisti occidentali hanno tratto profonda ispirazione da esso, trovandovi idee e strumenti didattici e concettuali semplici e potentissimi, non rintracciabili nel nostro sistema occidentale. Tra questi citiamo: Ralph Humphrey, Claude Gastaldin, Pete Lockett, Steve Smith.

Per la sua possibile utilità generale di approccio al ritmo riportiamo una osservazione di Pierre Boulez:

For me, what still has to be acquired is the degree of precision you need from an orchestra. This is not only because I am obsessed by precision, but also because the orchestral sonority changes completely. The clarity is suddenly there; you can really hear the score as it is written. Sometimes with a piece of Stockhausen, Berio or myself, the precision is not in the performer’s head before playing. As a conductor I have to be demanding. If you have sixteen violins playing a quintuplet (which is, by the way, something quite easy compared to a lot of music composed after 1950), they have to really be thinking a quintuplet. The kind of tempo modulation you have in Elliot Carter’s music – well, it has to be very precise or otherwise is not effective. This type of precision is still not really a musician’s habit, shall we say (…)
If the rhythms and phrasing that are peculiar to contemporary music would be taught in the best conservatories in an intensive way, the future of contemporary music would certainly change and performers and general public would really start enjoying pieces by Berio, Xenakis or myself. The lack of accuracy in orchestras is the biggest obstacle for communication between composers and public.
(Pierre Boulez – Jed Distler)

 

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